Articolo Tempo libero Arte - Cultura
Boni e lo scavo del Foro Romano freccedomenica 29 settembre 2013      


Lo scavo del Foro Romano costituì la più ampia realizzazione, in Roma , dall'archeologia ufficiale del neonato Regno d'Italia. L'area del Foro si adattava bene a una simile impresa:oltre alla sua importanza storica, giocava a favore, soprattutto il fatto che, la quasi totalità della sua superficie si era conservata sgombra attraverso i secoli, assumendo l'aspetto di una grande area sterrata, destinata al mercato del bestiame: il Campo Vaccino.

Questa condizione, abbastanza miracolosa, se si considera la posizione centrale dell'area, presentava, del resto, alcuni risvolti negativi: la facilità di accesso aveva favorito scavi di rapina, soprattutto quelli, particolarmente distruttori, nel corso del Rinascimento. Già all'inizio del XIX secolo, Carlo Fea, nominato commissario alle antichità nel 1801, aveva scavato intorno all'Arco Settimio Severo e, questi lavori, erano continuati sotto l'occupazione napoleonica. nel 1853 gli scavi cessarono definitivamente e si ripresero dopo il 1870, a opera degli archeologi Pietro Rosa e Giuseppe Fiorelli.

L'evento fondamentale sarà, però, la nomina a direttore degli scavi, nel 1898, di una delle più singolari figure di archeologo che abbia avuto l'Italia: Giacomo Boni. Ebbe inizio, così, un'intensissima stagione di scavi, che in pochi anni, portò a una serie di scoperte tra le più importanti per la storia, specialmente arcaica di Roma. Boni fu il primo ad applicare il metodo dello scavo stratigrafico, elaborato, in precedenza, dagli archeologi orientalisti e preistorici, nell'archeologia classica. I saggi di scavo nell'area del Comizio, nel 1900, costituiscono il primo caso, in Italia, di una grande stratigrafia, riprodotta a grandezza originale.

Successivamente, nel 1906, Boni scaverà nel Foro Traiano, realizzerà importanti saggi alle Mura Serviane. Dal 1907 alla sua competenza fu affidato anche il Palatino: di qui, iniziò,una seconda stagione di febbrile attività. Con la prima guerra mondiale, l'attività di Boni, sembra arrestarsi: responsabili forse la stessa guerra, una grave malattia e la morte nel 1925. Sarà proprio la parte migliore della sua opera, quella di scavatore tecnicamente perfetto, a venir presto dimenticata. Dopo di lui, l'archeologia militante italiana, in particolare, quella romana, fu a lungo caratterizzata dal disprezzo per lo scavo stratigrafico e dalla pratica corrente dello sterro indiscriminato. ©  RIPRODUZIONE RISERVATA

Elisabetta  Mancini - vedi tutti gli articoli di Elisabetta  Mancini



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Lo scavo del Foro Romano costituì la più ampia realizzazione, in Roma , dall'archeologia ufficiale del neonato Regno d'Italia. L'area del Foro si adattava bene a una simile impresa:oltre alla sua importanza storica, giocava a favore, soprattutto il fatto che, la quasi totalità della sua superficie si era conservata sgombra attraverso i secoli, assumendo l'aspetto di una grande area sterrata, destinata al mercato del bestiame: il Campo Vaccino.

Questa condizione, abbastanza miracolosa, se si considera la posizione centrale dell'area, presentava, del resto, alcuni risvolti negativi: la facilità di accesso aveva favorito scavi di rapina, soprattutto quelli, particolarmente distruttori, nel corso del Rinascimento. Già all'inizio del XIX secolo, Carlo Fea, nominato commissario alle antichità nel 1801, aveva scavato intorno all'Arco Settimio Severo e, questi lavori, erano continuati sotto l'occupazione napoleonica. nel 1853 gli scavi cessarono definitivamente e si ripresero dopo il 1870, a opera degli archeologi Pietro Rosa e Giuseppe Fiorelli.

L'evento fondamentale sarà, però, la nomina a direttore degli scavi, nel 1898, di una delle più singolari figure di archeologo che abbia avuto l'Italia: Giacomo Boni. Ebbe inizio, così, un'intensissima stagione di scavi, che in pochi anni, portò a una serie di scoperte tra le più importanti per la storia, specialmente arcaica di Roma. Boni fu il primo ad applicare il metodo dello scavo stratigrafico, elaborato, in precedenza, dagli archeologi orientalisti e preistorici, nell'archeologia classica. I saggi di scavo nell'area del Comizio, nel 1900, costituiscono il primo caso, in Italia, di una grande stratigrafia, riprodotta a grandezza originale.

Successivamente, nel 1906, Boni scaverà nel Foro Traiano, realizzerà importanti saggi alle Mura Serviane. Dal 1907 alla sua competenza fu affidato anche il Palatino: di qui, iniziò,una seconda stagione di febbrile attività. Con la prima guerra mondiale, l'attività di Boni, sembra arrestarsi: responsabili forse la stessa guerra, una grave malattia e la morte nel 1925. Sarà proprio la parte migliore della sua opera, quella di scavatore tecnicamente perfetto, a venir presto dimenticata. Dopo di lui, l'archeologia militante italiana, in particolare, quella romana, fu a lungo caratterizzata dal disprezzo per lo scavo stratigrafico e dalla pratica corrente dello sterro indiscriminato. ©  RIPRODUZIONE RISERVATA

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